ROME – June 6, 2017

Hesitantly at first, in 2007, and with increasing boldness from 2013 onwards, Jacopo Baboni Schilingi modified his compositional method to rediscover a “sculptural” sensibility, which had previously been altered by machines, via living materials, indispensable for creation. His choice is drastic, emphatic and powerful, as it represents – literally – a return to the body, a carnal return: his scores are henceforth not just written by hand, but also written directly onto human bodies. In his studio, converted into both a calligraphy atelier and photography studio, he collaborates with male and female models, who serve as living canvases for his compositions. For six to twelve hours he composes, rediscovering the power of the present moment. He also fully re-experiences duration, previously wiped out by the digitization of time, and by computer-assisted composition, far from the body.

There is a final element to consider: the apparent paradox of the freedom of inspiration sought via the body’s reconquest over the machine, from a composer who regularly uses computers in his compositions, and on stage. It is necessary to affirm once and for all that binary oppositions are unsatisfactory; they have never been fertile and can no longer prevail. Exploring a new method doesn’t mean renouncing the old. The cohabitation of bodies and machines in a rich and generous collaboration should be – on the contrary – the central element in an artistic quest, contradicting the presumed exclusion of the human in technological advancements, as is usually the case, in both design and fulfillment. This may be the most important lesson that Jacopo Baboni Schilingi shares, via his compositions’ reincarnated handwriting.

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Inizialmente, nel 2007, e con crescente coraggio dal 2013 in poi, Jacopo Baboni Schilingi ha modificato il suo metodo compositivo per riscoprire una sensibilità “scultorea”, precedentemente alterata dalle macchine, attraverso materiali vivi, indispensabili per la creazione. La sua scelta è drastica, enfatica e potente, in quanto rappresenta – letteralmente – un ritorno al corpo, un ritorno carnale: le sue partiture non soltanto sono scritte a mano, ma sono anche scritte direttamente sui corpi umani. Nel suo studio, convertito in uno studio di calligrafia e studio fotografico, collabora con modelli maschili e femminili, utilizzati come “tele viventi” per le sue composizioni. Attraverso le sessioni di composizione, che possono durare dalle sei alle dodici ore, viene riscoperto il potere dell’essere presenti nel presente. In questo modo riscopre pienamente la durata, precedentemente cancellata dalla digitalizzazione del tempo e dalla composizione assistita da computer, lontano dal corpo.

C’è inoltre un ulteriore elemento da considerare: il paradosso apparente della libertà di ispirazione ricercata attraverso la riconquista del corpo sulla macchina, da parte di un compositore che usa regolarmente i computer nelle sue composizioni e sul palco. È necessario, infine, affermare una volta per tutte che questo genere di dicotomie non sono soddisfacenti; non sono mai state fertili e non possono più prevalere. Esplorare un nuovo metodo non significa rinunciare al vecchio. La convivenza di corpi e di macchine in una ricca e generosa collaborazione dovrebbe essere, al contrario, l’elemento centrale di una ricerca artistica, in piena contraddizione rispetto alla presunta esclusione dell’uomo nei progressi tecnologici, come avviene normalmente, sia nella progettazione che nella realizzazione. Questa può essere la lezione più importante che Jacopo Baboni Schilingi intende condividere, attraverso la scrittura a mano delle sue composizioni “reincarnat